Il Castello di Gerenzago è una massiccia costruzione quadrata che conserva ancora l’antica architettura feudale (secondo il De Bernardi e Mons. Gianani è stato completato nel 1400).

Il portone d’accesso reca i segni del ponte levatoio, il cortile ha il pavimento di mattoni messi a costa. Una scala esterna porta ad un terrazzo con pregevole balaustra in legno. Si possono vedere alcune belle finestre del ‘500 e il cupo colore delle antiche muraglie. Due lati del Castello conservano i resti di torricelle e qualche tratto della vecchia merlatura. Ancora nel secolo scorso, in autunno, i vecchi fossati che servivano da difesa del Castello si riempivano d’acqua restituendo alla rocca il suo aspetto medievale.

La prima edificazione di un castrum a Gerenzago è presumibilmente da farsi risalire al tempo delle terribili incursioni degli Ungheri i Italia, e cioè alla prima metà del secolo decimo. Vescovi, signori feudali, ricchi possidenti si affrettarono a costruire castelli nelle loro terre. Il Vescovo di Pavia fortificò Cilavegna in Lomellina. Fortificazioni innalzarono la Badessa di Santa Maria Teodote di Pavia e la Badessa di Santa Giulia di Brescia, le cui possessioni nel 905 – 906 erano ancora del tutto sguarnite. Altrettanto fece l’Abate di san Pietro di Laus Pompeia (Lodivecchio). Castelli comparvero un po’ dappertutto ed anche le campagne si munirono di fortilizi. Il moltiplicarsi frenetico delle opere di difesa attesta come le popolazioni fossero profondamente turbate dall’immane realtà di saccheggi, di rovine, di massacri.

L’esercito Ungaro comparve nel 924 sotto le mura di Pavia, la cinse d’assedio e la incendiò. Case private, palazzi, il Palazzo Regio, tutto andò distrutto. Perirono tra le fiamme migliaia di abitanti, fra i quali anche il Vescovo della città. Anche in successive incursioni gli invasori scorazzarono quasi indisturbati per il Paese massacrando, devastando e incendiando con una furia tremenda. I monasteri subirono danni gravissimi. Pochi furono i monaci che poterono mettersi in salvo nei boschi e nascondere le Sacre Reliquie ed i Tesori della Chiesa. Molti di questi castelli sono scomparsi, altri sono ridotti a miseri resti; ma alcuni, come quello di Gerenzago, sono sopravvissuti all’opera dissolvitrice ed inesorabile dei secoli, sia pure attraverso molti rimaneggiamenti e trasformazioni che hanno profondamente modificato la loro fisionomia.

Da alcune fonti risulta l’esistenza del Castello di Gerenzago già nel 1039. In un documento del 23 dicembre di quell’anno (Codice Diplomatico Laudense) si legge che Ildebrando da Comazzo e la consorte Rolenda fanno solenne donazione di molti beni al monastero di San Vito da loro fondato presso Castiglione d’Adda, nel lodigiano. San Vito ora è una piccola frazione di Camairago. Tra le terre donate è menzionata anche la Corte di Gerrenzago sita “…ultra fluvium Lambro, curte qui nominatur Gerentiaco tota cum omni conditione vel onore et medietatem ville qui dicitur Lanterii que est sibi proxima…”. Le terre di Gerenzago sono citate nel Privilegio Imperiale col quale Federico Barbarossa concede alla città e contea di Pavia il potere di nominare i consoli che governano la città e concede alla stessa regalie sopra circa 90 terre situate nell’Oltrepò, in Lomellina e nella Lombardia ove è compresa anche la terra di Gerenzago (Carlo Dell’Acqua: Villanterio – Cenni storici e statistici, Pavia, Fusi, 1874, p. 77) Il 12 giugno dell’anno 1207 Gualtiero Corte, abate del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, acquista a nome e per interesse del medesimo, dai fratelli Albrigono, Ottobono, Ubertino e Lanterio Villa, figli di Robaldo, il Castello della Villa Lanterio e tutto quanto essi possiedono in Villanterio, Borghetto, Gerenzago e Marmorolo (Carlo Dell’Acqua: Villanterio – Cenni storici e statistici – Pavia, Fusi, 1874, p.85). Il 6 ottobre dell’anno 1365 Bernabò de Canibus investe a fitto perpetuo Bendoardo de Morbiis di alcuni beni posti nel territorio di Gerenzago (Giuseppe Robolini – Notizie appartenenti alla storia di Pavia – Vol. V, parte I, Pavia, Fusi, 1834, p.391).

Nel 1381 anche il Castello di Gerenzago è coinvolto nell’assalto contro Bernabò Visconti nel castello di Villanterio.

Un documento dell’Archivio Notarile di Pavia riporta la protesta del nobile Cristoforo de’ Capitani, signore di Gerenzago, all’Abate di San Pietro in Ciel d’Oro per i danni al Castello di Gerenzago rimasto danneggiato da assalti e devastazioni dei milanesi. Il 25.5.1440, infatti, truppe provenienti da Milano saccheggiarono Gerenzago  distruggendo case e cascine, bruciando biade e danneggiando il Castello. In questo atto di protesta Cristoforo chiedeva che il Monastero provvedesse di gente armata Gerenzago per la difesa e la custodia del Castello.

Di certo si sa che il feudo di Gerenzago era aggregato prima a Villanterio, poi al Vicariato di San Colombano e dopo il 1450 al Vicariato di Belgioioso; però rimase sempre soggetto all’Abbazia di San Pietro in Ciel d’Oro, la quale, secondo l’antichissima consuetudine, lo concedeva in sub-feudo ai Capitani di Villanterio.

Le ultime innovazioni di investitura si ebbero nel 1447 a favore di Don Cristoforo Villa il quale perdette il feudo per non averlo saputo difendere il 17 agosto 1451 dagli assalti delle truppe nemiche provenienti dalla città di Milano.

Proprio nello stesso giorno l’Abate del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro, Stefano Giudici di Varese, investì per fitto i fratelli Domenico, Matteo e Giacomo Corbellini, figli del fu Magistro Giovanni di Lodi, ma abitanti a Pavia, della possessione del Castello di Gerenzago, per una locazione di anni nove a partire dall’11 novembre, giorno di San Martino dell’anno 1451. Il canone fittalizio annuo, stabilito in natura, era di moggia 200 di frumento, moggia 129 di segale a misura di Lodi, un maiale e 24 capponi. (Notaio rogante Rosomino Strada di Pavia). La possessione, come sopra affittata misurava, a quel tempo pertiche 580 circa. Alla scadenza della locazione i Corbellini furono costretti a lasciare in libertà il fondo a causa di una controversia insorta col monastero in merito alla liquidazione dell’indennizzo spettante agli stessi Corbellini per le migliorie apportate alla possessione nei terreni e negli edifici. L’abusivo abbattimento di piante da parte degli affittuari, per compensarsi della mancata corresponsione delle indennità, aggravarono irrimediabilmente la vertenza. Nel corso della fittanza i Corbellini risedettero nel Castello della possessione. In seguito ebbero dimora in un caseggiato di Gerenzago, come ne sarebbe tenue indizio l’attuale nome di una via intitolata ai Corbellini. Una casa i signori Corbellini la tenevano pure in Pavia dove risiedevano di preferenza poiché amavano più le comodità della città che la vita di paese.

Il Castello e le terre annesse passarono dall’Abbazia di San Pietro in Ciel d’Oro al Collegio Ghislieri all’indomani della morte dell’Abate di San Pietro. Infatti il Papa Pio V, della famiglia Ghislieri, avendo eretto in Pavia un collegio per studenti poveri dell’Università con Bolla del I settembre 1569 assegnò in dote al Collegio, per il mantenimento degli studenti, il Castello di Gerenzago e le terre annesse. Lo Stemma del Collegio Ghislieri è ancora visibile sopra gli ingressi principali del castello medesimo.

Dal 1632 si registrano, tra gli abitatori del Castello di Genzago i fratelli Gatti-Comini, i Griziotti, i Tibaldi, i Celari ed i Donati.

Nel 1700 c’è un consorzio di fittabili ma non tutti abitarono il Castello. Questo diventa abitazione fissa del fittabile che conduce il fondo solo verso la fine dell’800. I signori che condussero il fondo sono in ordine di tempo: i Rovida, gli Zucca, i Benzoni, i Maj, i Pasi, i Colombo ed i Cerri.

La dott.ssa Maria Saronio alla fine degli anni settanta del secolo scorso acquistò dal Collegio Ghislieri il Castello e i terreni annessi.

Il Castello di Gerenzago si trova  in Via Genzone. Ha conservato le sue caratteristiche, ma avrebbe bisogno di un accurato restauro. Nonostante la sua condizione di manutenzione, esso rappresenta per il paese un importante monumento storica.

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